“L’idea era quella che le cellule neoplastiche, tanto aggressive nei confronti dell’organismo, fossero impreparate a reagire di fronte all’attacco del virus”, spiega Lencioni.
Nello studio, randomizzato, sono stati arruolati 30 pazienti con tumore avanzato e inoperabile del fegato, per i quali l’aspettativa di vita è limitata a pochi mesi. I pazienti, che si trovavano in centri americani e asiatici, sono stati trattati iniettando il virus oncolitico JX-594 a due diversi dosaggi.
I dati hanno dimostrato sia un’efficace replicazione del virus all’interno delle cellule tumorali, con conseguente distruzione delle stesse, sia l’induzione di una reazione immunitaria generalizzata specifica contro il tumore.
I pazienti ai quali sono state somministrate alte dosi di virus hanno fatto registrare una sopravvivenza mediana di 14,1 mesi, più che doppia rispetto ai 6,7 mesi del gruppo di controllo trattato con basse dosi. E’ degno di nota il fatto che la somministrazione di alte dosi di virus non abbia causato alcun significativo incremento degli effetti indesiderati.
“Questa terapia, al contrario di molti trattamenti chemioterapici, è risultata ben tollerata dai pazienti: nella grande maggioranza dei casi gli effetti collaterali si sono limitati a una sintomatologia di tipo influenzale della durata di 1-2 giorni”, sottolinea Lencioni. L’iniezione del virus viene praticata mediante una sottile ago-cannula posizionata all’interno del tumore sotto la guida di metodiche radiologiche.
La procedura è simile a un’ago-biopsia e non necessita di anestesia generale. “Per la prima volta – continua l’esperto – un trattamento locale mini-invasivo dimostra efficacia non soltanto sul tumore bersaglio, ma sull’intero organismo, grazie alla reazione immunitaria che viene indotta contro tutte le cellule neoplastiche, incluse quelle metastatiche.
Si tratta di uno studio pilota, che ha posto le basi per sviluppare un nuovo importante capitolo di ricerca nella lotta contro il cancro. Tuttavia – precisa Lencioni – prima che il trattamento con virus oncolitico sia disponibile per l’uso clinico, è necessario che i risultati, per quanto promettenti, siano confermati da una sperimentazione su larga scala”.